Riserve ed obbligo di diffida nel caso di illeggittima durata della sospensione dei lavori

 Illeggittima durata della sospensione dei lavori: riserve ed obbligo di diffida

L’art. 107 del Codice (Dlgs 50/2016) e l’art. 10 del DM 49/2018 prevedono le ipotesi di sospensione legittima dei lavori: avverse condizioni climatiche, forza maggiore, varianti. Può accadere, comunque, che una sospensione disposta legittimamente divenga, per il protrarsi eccessivo della sua durata, illegittima. In tale caso quali sono gli obblighi dell’esecutore per fare valere correttamente i maggiori oneri connessi a tale protrazione?

BREVE RIASSUNTO.

L’art. 107, comma 1, del DLgs 50/2016 dispone che qualora circostanze speciali impediscano in via temporanea che i lavori procedano utilmente a regola d’arte – e che non siano prevedibili al momento della stipulazione del contratto – il Direttore dei Lavori può disporre la sospensione dell’esecuzione.

Il comma 2 del medesimo articolo, disciplina l’ipotesi della sospensione disposta dal RUP per ragioni di pubblico interesse o necessità, tra cui l’interruzione di finanziamenti per esigenze sopravvenute di finanza pubblica.

In entrambi i casi, si ritiene che il verbale debba comunque essere redatto dal Direttore dei Lavori.

Le sospensioni, in ragione delle cause che le determinano, possono suddividersi (come previsto sia dal DM 49/2018 sia dall’art. 107 del DLgs 50/2016) in:

a) sospensione legittima per causa di forza maggiore;

b) sospensione legittima per ragioni di pubblico interesse;

c) Sospensione originariamente legittima, la quale diviene illegittima successivamente

d) sospensione illegittima

Inoltre la sospensione può essere:

– totale;

– parziale, nella quale le lavorazioni restano sospese in parte.

Tutte le sospensioni, in ogni modo, devono durare il tempo “strettamente” necessario (art 107, comma 3, del codice).

Nel caso in esame (il caso di cui alla lettera C sospensione legittima che diventa illegittima per l’eccessiva durata) l’art. 10, comma 4, del citato DM, dispone che “ … Nel caso in cui l’esecutore ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione temporanea dei lavori e il RUP non abbia disposto la ripresa dei lavori stessi, l’esecutore può diffidare il RUP a dare le opportune disposizioni al direttore dei lavori perché provveda alla ripresa; la diffida proposta ai fini sopra indicati, è condizione necessaria per poter iscrivere riserva all’atto della ripresa dei lavori, qualora l’esecutore intenda far valere l’illegittima maggiore durata della sospensione. “

Attenzione: la diffida costituisce condizione essenziale per iscrivere riserva all’atto della ripresa lavori, qualora l’esecutore intenda fare vale l’illegittima maggiore durata della sospensione. In difetto la riserva è inammissibile

Pertanto, qualora cessino i motivi che hanno determinato la legittima sospensione e l’Ente non disponga la ripresa, l’Esecutore può optare per una delle seguenti soluzioni:

a) riprendere i lavori pur in assenza del verbale di ripresa, laddove risulti pacifico e indubitabile che sia cessata la causa di sospensione (scelta da sconsigliare).

b) non riprendere i lavori, riservandosi in tal caso di chiedere i danni da fermo cantiere per il periodo intercorrente tra la cessazione della causa della sospensione ed il verbale di ripresa. In tale caso la richiesta di ristoro economico può essere avanzata solo nei termini di cui all’art. 107, comma 6, del DLgs 50/2016 e dell’art. 10 del DM 49/2018 come indicato successivamente (norme che nella sostanza ripercorrono le disposizioni dell’art. 160 del DPR 207/2010).

IL CASO

Un direttore dei lavori ha disposto, ai sensi dell’art. 107 del Dlgs 50/2016, la sospensione dei lavori di adeguamento di una strada provinciale.

Nel verbale della sospensione si legge quanto segue: “… il direttore dei lavori ordina l’immediata sospensione delle opere in considerazione dell’abbondante nevicata intervenuta nell’area di cantiere tale da compromettere l’esecuzione delle opere a regola d’arte”.

La sospensione delle attività di cantiere è stata predisposta nel mese di dicembre.

Nel successivo mese di giugno (quindi oltre 6 mesi dalla data di interruzione delle attività lavorative), il direttore dei lavori ha ordinato la ripresa.

L’impresa ha firmato il relativo verbale con riserva ritenendo che i lavori potevano essere, utilmente, ripresi già dal mese di marzo. Per tale motivo ha provveduto alla quantificazione dei danni nei modi e nei termini di cui all’art. 10 del DM 49/2018 (spese generali improduttive, ecc. ecc).

Tale norma precisa, come noto, i criteri di determinazione del danno da sospensione illegittima.

Le riserve apposte dall’impresa, seppur astrattamente fondate, sono risultate comunque inammissibili poiché lo stesso esecutore avrebbe dovuto attivare la procedura descritta dal citato art. 10 comma 4 del DM 49/2018.

Tale norma dispone, come indicato sopra: “ L’esecutore che ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione temporanea dei lavori … senza che la stazione appaltante abbia disposto la ripresa dei lavori stessi, può diffidare per iscritto il responsabile del procedimento a dare le necessarie disposizioni al direttore dei lavori perché provveda a quanto necessario alla ripresa. La diffida ai sensi del presente comma è condizione necessaria per poter iscrivere riserva all’atto della ripresa dei lavori, qualora l’esecutore intenda far valere l’illegittima maggiore durata della sospensione.

Nel caso, quindi, di sospensione legittima che diviene illegittima in itinere l’esecutore deve inoltrare al Responsabile Unico del Procedimento apposita diffida a riprendere i lavori; il tutto pena l’inammissibilità di ogni sua successiva richiesta.

Tale obbligo, ovviamente, sussiste unicamente nel caso in cui l’esecutore abbia l’oggettiva possibilità di capire quando siano venute meno le cause della sospensione (tale oggettività, per esempio, spesso non si appalesa nel caso di sospensione per variante).

Nel caso in esame la maggiore ed illegittima durata della sospensione era percepibile già nel mese di marzo.

E’ corretto, quindi, ritenere che una volta venuta meno la causa climatica (e chiunque può apprezzare come nei mesi di marzo, aprile e maggio la neve non produca alcun ostacolo all’esecuzione delle opere) l’impresa avrebbe dovuto avanzare formale diffida nei termini indicati dall’art. 10 citato.

La diffida, quindi, è condizione necessaria per poter iscrivere riserva all’atto della ripresa dei lavori, qualora l’esecutore intenda far valere l’illegittima maggiore durata della sospensione.

Se la diffida non viene inoltrata la riserva è da considerarsi, come detto, inammissibile.

Tale diffida oltre a costituire condizione essenziale alla richiesta, costituisce anche il termine a decorrere dal quale l’impresa può chiedere i danni da fermo cantiere.

Pertanto, il calcolo matematico dei danni da risarcire riguarderà solo il periodo di tempo intercorrente tra la data della diffida e la data della ripresa lavori; nulla potrà essere chiesto per il periodo ante diffida, ancorché in vigenza di un’illegittima sospensione.

Nel caso in analisi l’ente, opportunamente, ha respinto le riserve iscritte ritenendo, per le ragioni esposte, inammissibile ogni richiesta.

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