L’irrogazione delle penali: onere della prova e disapplicazione

Irrogazione delle penali: onere della prova e disapplicazione

Se l’Appaltatore ritarda l’esecuzione dei lavori per propria negligenza, incorre nella irrogazione di penali. L’art. 113 bis del DLgs 50/2016 stabilisce che il contratto debba prevedere le penali “commisurate ai giorni di ritardo e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni del contratto”.

Quando e come si irroga la penale? Al fine di ottenere la disapplicazione, totale o parziale, della penale, quali oneri probatori ha l’impresa? (Cass. Civ. 24685/2021).

Ecco alcuni punti essenziali in materia

irrogazione delle penali - punti essenziali - avvocato di cantiere

In genere, quando l’importo dell’appalto è particolarmente elevato e/o il termine di ultimazione è essenziale – per non perdere i finanziamenti o per altre ragioni di interesse pubblico (ad esempio, l’apertura di una scuola) – potrebbe essere opportuno stabilire il valore giornaliero della penale nella misura massima dell’uno per mille (Sul punto è opportuno rammentare le deroghe  previste in ambito PNRR dall’art. 50 del DL 77/2021 – legge 108/2021 – sia con riferimento ai premi di accelerazione sia in merito alle penali giornaliere).

La penale rientra, come noto, nella previsione di cui all’art. 1382 del Codice Civile, poiché con essa si conviene il pagamento di un importo predeterminato per l’ipotesi di ritardo colpevole da parte dell’Appaltatore.

L’art. 1382 del c.c. precisa “ La clausola, con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.

Con riferimento al valore giornaliero della penale e del valore complessivo, l’art. 113 bis del Codice dei Contratti parla di “importo netto contrattuale”; vi è da chiedersi, quindi, se l’eventuale approvazione di varianti in aumento possano determinare un corrispondente aumento dell’importo giornaliero della penale. Oppure, viceversa, se una diminuzione dell’importo (per varianti o per altri motivi) imponga una riduzione della penale giornaliera.

Considerato che l’art. 113 bis citato parla chiaramente di importo contrattuale e che la penale è comunque predeterminata in sede progettuale ed indicata in gara (quindi valutata quale elemento per la predisposizione dell’offerta), si ritiene che la stessa debba rimanere “insensibile” rispetto ad aumenti o diminuzioni dell’importo contrattuale per varianti, modifiche ecc.

–> Con quali modalità si applica e chi è deputato all’irrogazione della penale?

Il DM 49/2018, all’art. 7, comma 3, lett.b, stabilisce che il RUP (una volta ottenute le indicazioni dal DL), irroga le penali da ritardo e valuta la sussistenza delle condizioni per risolvere il contratto.

Il RUP gestisce il contratto con l’ausilio del DL (art. 101 del DLgs 50/2016), il quale deve informare tempestivamente il primo in ordine al ritardo, onde consentirgli di disporre utilmente l’applicazione della penale ovvero di irrogarla in un momento in cui residui ancora un credito dell’Appaltatore superiore alla penale stessa.

In concreto, l’iter di applicazione della penale dovrebbe essere il seguente:

– Il DL comunica al RUP che l’esecutore non ha rispettato il termine di ultimazione dei lavori, indicando il giorno nel quale la penale raggiungerà il limite massimo del 10%;

– in tale ipotesi, il DL deve anche effettuare la medesima comunicazione all’esecutore, richiedendo la trasmissione di un programma lavori aggiornato che indichi le modalità per il recupero dei tempi e del ritardo;

– In occasione del primo pagamento successivo alla maturazione del ritardo, il DL comunica al RUP l’entità della penale accumulata;

Il RUP irroga sulla base delle indicazioni del capitolato speciale di appalto. Tale documento potrebbe prevedere la detrazione unicamente sul conto finale (come prevedeva l’art. 145 del d.p.r. 207/2010); ma tale scelta – del tutto legittima – deve però prevedere un’attenta analisi dell’iter contabile e della spesa, al fine di evitare di ritrovarsi con un conto finale incapiente rispetto all’entità della penale da recuperare.

E’ certamente più opportuno quindi inserire nel capitolato speciale di appalto una delle seguenti opzioni:

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–> Cosa accade se l’entità del ritardo determina una penale superiore al 10%?

L’art. 108, comma 4, del DLgs 50/2016 prevede che qualora l’esecuzione delle prestazioni ritardi per negligenza dell’appaltatore, rispetto alle previsioni di contratto, il DL o il RUP, deve assegnare un termine per recuperare il ritardo (termine non inferiore a 10 giorni e che, ovviamente, deve essere proporzionato alla complessità delle lavorazioni in ritardo). Scaduto il termine assegnato, la stazione appaltante potrebbe risolvere il contratto, fermo restando il pagamento delle penali.

Nella sostanza, quindi, se il ritardo maturato ha raggiunto l’aliquota massima (10% appunto), la stazione appaltante avrebbe titolo a risolvere il contratto.

Sul punto, l’art. 7, comma 3, lett. a, del DM 49/2018 chiarisce che il RUP ricevute le indicazioni dal DL, irroga le penali e valuta la risoluzione del contratto “ ai sensi dell’art. 108, comma 4, del Codice”.

La ratio di tale disposizione è, peraltro, legata anche ad un’ulteriore precisa esigenza (già esposta sopra).

La quota del 10%, infatti, costituisce l’utile di impresa e la prosecuzione delle lavorazioni costituirebbe per l’impresa un vulnus patrimoniale notevole: la stessa, infatti, realizzerebbe l’opera appaltata a fronte della non corresponsione dell’utile.

Potrebbe quindi ritenersi obbligatorio, per la stazione appaltante, procedere alla risoluzione del contratto se la penale supera il 10% dell’importo di contratto; altrimenti il ritardo (sopra tale soglia) non potrebbe più essere sanzionato e l’impresa potrebbe continuare l’opera sostanzialmente senza termine finale.

A fronte di tale obbligo giuridico, comunque, rientra, come detto, nella discrezionalità della stazione appaltante ritenere che sia più conveniente per la stessa non procedere alla risoluzione del contratto.

La risoluzione potrebbe, infatti, comportare maggiori spese per la messa in sicurezza dei luoghi di cantiere, l’indizione di una nuova gara di appalto e il prolungamento dei tempi per la fruizione dell’opera pubblica.

Nell’ottica del pubblico interesse, quindi, si rileva come la stessa possa ritenere più utile proseguire nell’iter esecutivo già avviato e, quindi, procedere nell’esecuzione del contratto stipulato con l’Impresa colpevole del ritardo.

Ma in tale caso dovrà, certamente, valutare attentamente una eventuale disapplicazione (anche solo parziale) della penale commisurando l’interesse dell’Amministrazione con l’entità della penale.

–> Il RUP può disapplicare la penale ?

Il ritardo è un’ipotesi di responsabilità contrattuale e pertanto l’amministrazione ha l’unico onere di dimostrare che il tempo concesso è trascorso; mentre spetta all’impresa dimostrare che il ritardo non è a lei imputabile (art. 1218 cod. civ.).

E’ comunque ammessa la disapplicazione, totale o parziale, della penale essenzialmente ai sensi dell’art. 1384 del codice civile per due motivi:

a) se il ritardo non è imputabile all’impresa;

b) se la penale, pur essendo legittima, è da ritenersi manifestamente sproporzionata rispetto all’interesse dell’Amministrazione, all’entità del ritardo, e se l’opera è stata eseguita in parte.

Nel caso a), l’impresa ha l’onere di iscrivere riserva sul registro di contabilità e contestare specificamente l’applicazione della penale..

Nel caso b), invece, la mancata iscrizione non produce decadenza atteso che la disapplicazione non è fondata su motivi di legittimità che l’Appaltatore possa provare ma, soltanto, su un’autonoma valutazione dell’Amministrazione circa il proprio interesse, cui l’Appaltatore è del tutto estraneo.

Lo stesso art. 113 bis del DLgs 50/2016, al comma 2, chiarisce che le penali dovute per il ritardo sono da “determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate al ritardo”.

La penale può, quindi, essere ridotta ad equità, anche nella logica di quanto previsto dall’art. 1384 del Codice Civile.

L’Appaltatore deve dimostrare la non imputabilità del ritardo e/o comunque la sproporzione tra la penale applicata e il danno patito dalla stazione appaltante. Soprattutto laddove la penale applicata sia pari al massimo consentito (10%).

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–> Chi decide la disapplicazione, in concreto?

Dal complesso delle norme, si ritiene che la decisione sulla disapplicazione sia di competenza della stazione appaltante su proposta del RUP (come previsto nel previgente art. 145 del DPR 207/2010).

Quanto esposto, poi, va calato anche nel caso concreto ed anche nel contesto storico del mercato edilizio.

–> Proroga o differimento del termine?

Il ritardo nell’ultimazione dell’opera può non essere determinato da negligenza dell’Appaltatore, ma da cause di forza maggiore ovvero da comportamento illegittimo dell’Amministrazione: in questi casi l’Appaltatore è esonerato da responsabilità per il ritardo ed ha diritto ad un differimento del termine (termine suppletivo) per l’ultimazione dei lavori corrispondente al ritardo prodotto dalla causa a lui non imputabile.

L’art. 107, comma 5, del DLgs 50/2016 stabilisce che qualora l’Appaltatore per cause a lui non imputabili non ultimi i lavori nel termine può chiedere, con congruo anticipo rispetto alla scadenza del termine, una proroga al Responsabile del Procedimento, il quale si pronuncia entro 30 giorni dopo aver sentito il parere del Direttore dei Lavori.

Se lo slittamento temporale nell’esecuzione dipende da causa di forza maggiore o da fatto illecito dell’Amministrazione (e perciò da causa non imputabile all’Impresa) la proroga, secondo i principi generali (art. 1218 Codice Civile), costituisce un vero e proprio diritto soggettivo dell’Appaltatore.

La forza maggiore si configura quando l’evento produttivo del ritardo non poteva essere evitato dall’Appaltatore con la diligenza professionale a lui richiesta (art. 1176, comma 2, Codice Civile).

In tale caso, il giudizio del RUP non contiene perciò apprezzamenti discrezionali, ma deve limitarsi ad accertare se nel caso concreto le cause del ritardo siano imputabili a negligenza dell’Appaltatore o, al contrario, a fatti di forza maggiore o riconducibili a colpe dell’Ente appaltante.

L’art. 107 citato richiede che la domanda di proroga dell’Appaltatore sia formulata prima della scadenza del termine contrattuale. È evidente che si tratta di disposizione avente soltanto la finalità di favorire l’immediatezza delle decisioni dell’Amministrazione: a mio giudizio, non discende alcuna decadenza qualora la richiesta non sia inoltrata nei termini indicati, in quanto la norma non dispone in tali termini.

Ne consegue che quando la causa del ritardo non sia imputabile all’Appaltatore, il suo diritto soggettivo al riconoscimento della proroga permane a prescindere dal momento in cui ha formulato la richiesta, sicché se tale diritto viene negato dal RUP potrà essere riconosciuto in sede giudiziale.

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