
Come noto, il 31/1/2020 il Governo Italiano ha dichiarato “lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.
Tale stato di emergenza è attualmente vigente. In ragione di tale contesto, sono stati emanati numerosi provvedimenti (nazionali e regionali) finalizzati, per quanto di interesse nel caso in esame, a limitare il contagio nei cantieri nonché a determinare possibili ristori per i maggiori oneri connessi.
A livello nazionale si considerino i seguenti provvedimenti: Decreto Legge 23/2/2020 n. 6 – Misure urgenti di contenimento e gestione emergenza; Decreto Legge 2/3/2020 n. 9 – Misure urgenti di sostegno; Decreto Legge 17/3/2020 n. 18 – Decreto Cura Italia; DPCM 26/4/2020 – Misure per il contenimento Emergenza Covid 19 – c.d. Fase 2, con introduzione del Protocollo cantieri; DPCM 17/5/2020 – Misure per il contenimento Emergenza Covid 19, che ha ribadito l’obbligo di applicazione del Protocollo cantieri.
Per quanto concerne le disposizioni regionali, queste hanno integrato i vari elenchi prezzi con riferimento ai costi della sicurezza ed hanno previsto, a titolo di indennizzo per le difficoltà esecutive, una serie di voci riferite alla manodopera ed alle spese generali. Tra queste si richiamano le disposizioni delle Regioni Abruzzo, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Campania.
Disposizioni che hanno stabilito la possibilità di riconoscere indennizzi per “riparare” il danno connesso all’emergenza sanitaria. I suddetti compensi, secondo alcune delle disposizioni regionali, sono comunque condizionati alla circostanza che l’operatore economico non abbia beneficiato di finanziamenti o altri benefici (anche di natura fiscale) aventi ad oggetto i medesimi costi.
Tutte le disposizioni indicate mirano a ridurre le conseguenze pregiudizievoli legate all’emergenza Covid 19 con riferimento ai costi diretti (oneri per l’apprestamento di nuove misure di sicurezza), costi indiretti (ristoro di possibili sottoproduzioni), tempi di esecuzione (esclusione delle responsabilità e delle penali).
D’altra parte, l’emergenza sanitaria Covid 19 costituisce un evento esogeno, esterno al rapporto contrattuale e non controllabile né dal datore di lavoro né dalla stazione appaltante. Ora è chiaro che eventi di tale natura possono compromettere in misura irrimediabile l’equilibrio contrattuale iniziale e per tale motivo.
Il contratto di appalto, infatti, ha natura commutativa e non aleatoria; quindi le prestazioni non dipendono dalla mera volontà (potestativa) dell’ente ma devono essere certe e chiare.
Gli eventi pandemici, infatti, potrebbero impedire all’appaltatore di rendere la prestazione secondo le modalità ed i tempi originariamente programmati dallo stesso e indicati in contratto. Ovviamente, in tali fattispecie l’impresa è costretta ad operare in contrasto con le previsioni riferite al momento dell’aggiudicazione e, più in particolare, sia al cronoprogramma sia al programma lavori.
Quali rimedi sono quindi possibili?
Sul punto si richiamano le norme del codice civile (art. 30 comma 8 del Dlgs 50/2016), con particolare riferimento all’art. 1664, comma 2 : “Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo. Se nel corso dell’opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso.”
L’aggettivo “simili” concerne secondo costante giurisprudenza tutte le cause naturali non prevedibili dalle parti che alterano il rapporto contrattuale iniziale; fatti ed evidenze naturali non legate alla volontà dell’uomo.
In tale ottica, quindi, è certamente possibile riconoscere all’appaltatore un equo compenso che, occorre sottolineare, non ha natura risarcitoria ma quale indennizzo.
La differenza non è di poco conto : il risarcimento presuppone un inadempimento dell’ente mentre l’indennizzo è connaturato ad un evento imprevisto, imprevedibile, per il quale nessuna delle parti contrattuali ha responsabilità diretta.
Le difficoltà esecutive legate all’emergenza sanitaria, quindi, sono connesse ad un evento naturalistico di tipo pandemico, quindi non controllabile né dal datore di lavoro né dal committente. Trattasi, nella sostanza, di un rischio esogeno che trova origine all’esterno del rapporto contrattuale.
Peraltro sul punto, occorre fare riferimento anche all’art. 107 del Codice (in materia di sospensione del contratto per ragione di pubblico interesse) che precisa come in tale fattispecie l’esecutore non ha diritto ad oneri risarcitori, potendo sciogliersi dal vincolo contrattuale qualora la sospensione medesima duri più del quarto del tempo contrattuale (o sei mesi).
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