Caro materiali: la variante in corso d’opera e la modifica contrattuale

La variante in corso d’opera e la modifica contrattuale

Sull’aumento abnorme del costo dei materiali da costruzione si è scritto molto, anche in questo blog.

Tuttavia, a mio avviso, una soluzione possibile per compensare l’aumento dei prezzi e degli altri fattori produttivi (Energia, Gas ecc), si trova nel Codice dei Contratti all’art. 106 e precisamente al comma 1 (lett. c) ed al comma 2: varianti in corso d’opera e modifiche.

I problemi più complessi spesso hanno soluzioni semplici; tuttavia sono consapevole quali siano le concrete difficoltà nell’istruire ed approvare una variante, sia perché me ne sono occupato da RUP (e da supporto) sia perché ho scritto manuali in materia.

Ritengo, in ogni caso, che gli istituti indicati possano essere strumenti idonei per (tentare di) porre rimedio alla gravissima situazione attuale.

Mi spiego meglio.

BREVE ANALISI DELLE VARIANTI IN CORSO D’OPERA

L’art. 106 del D.Lgs 50/2016 (come modificato dal D.Lgs 56/2017), rispetto al previgente art. 132 del D.Lgs 163/2006, ha ridotto le varianti alla sola “macro” fattispecie di “circostanze impreviste ed imprevedibili”, chiarendo come non sia possibile approvare “varianti sostanziali”.

Cosa è una variante?

La variante è una modifica contrattuale ed ha quale punto di riferimento e parametro di raffronto il progetto posto a base di gara; le modifiche introdotte non devono snaturare in alcun modo le scelte iniziali in quanto le lavorazioni aggiuntive o le variazioni contrattuali hanno carattere accessorio rispetto all’opera contrattualizzata.

Il progetto, occorre precisare, non è composto unicamente dagli elaborati grafici ma anche – per quel che qui rileva – dai computi, dagli elenchi prezzi, dalle stime, dai costi della sicurezza.

 Quali sono i limiti generali delle varianti?

Ecco un breve schema

limiti-varianti

A questi limiti si aggiungono le ulteriori previsioni sul quinto d’obbligo e sulle variazioni ad opera del DL (già analizzate in altri articoli di questo blog)

QUINDI –> CONSIDERAZIONI SUL CARO MATERIALI

Analizziamo il fenomeno in corso sulla base dei presupposti sopra indicati, tenendo anche conto delle possibili obiezioni sul punto. 

1- L’adeguamento dei prezzi può essere approvato mediante una variante ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. c)?

La Regione Piemonte, nel comunicato recente “Caro materiali – informativa in materia e prime indicazioni operative” e nella successiva deliberazione, per le procedure di gara per le quali sia già stata presentata l’offerta e sia stata avviata la fase di valutazione “suggerisce l’applicazione delle previsioni di cui all’art. 106 del D.Lgs. 50/2016 comma 1 lettera “c” (variante in corso d’opera) o in alternativa comma 2, nel rispetto dei limiti ivi previsti. Con riferimento al comma 1 è infatti di tutta evidenza la riconducibilità del fenomeno del “caro materiali” a circostanza imprevista e imprevedibile …”

Dello stesso avviso pare il Tar Piemonte con la pronuncia n.667 del 28/6/2021.

Di diverso avviso, invece, parrebbe essere il Tar Brescia del 10/3/2022, secondo cui “ La norma, (osserva il Collegio), disciplina i casi in cui, nel corso di svolgimento del rapporto contrattuale, si renda necessario, per circostanze impreviste e imprevedibili, modificare “l’oggetto del contratto” attraverso “varianti in corso d’opera”, ossia “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15/11/2021, n. 7602), laddove invece, nel caso di specie, la domanda formulata dalla parte ricorrente all’amministrazione comunale concerneva unicamente l’adeguamento del prezzo dell’appalto ad asseriti aumenti dei costi del servizio.”

Personalmente concordo con le indicazioni della Regione Piemonte.

Dal complesso delle norme, appare invero evidente, a mio avviso, come la variante possa attenere anche ai soli costi dell’opera e non debba, per forza, riguardare unicamente modifiche strutturali e funzionali, come sembra indicare il Tar Brescia. Il richiamo effettuato al Consiglio di Stato (15/11/2021, n. 7602) dal Tribunale Lombardo concerne un caso del tutto diverso a quello in oggetto: si riferisce infatti alle varianti durante la fase di gara (che evidentemente non possono afferire a variazioni sul prezzo di offerta ma solo a modifiche delle opere).

Se la variante, come indicato, ha quale base di raffronto il progetto posto a base di gara, non si deve dimenticare che il progetto è composto anche e soprattutto da elaborati economici (computo, stime, elenchi prezzi, costi sicurezza).

Tali elaborati possono essere modificati non solo se intervengono nuove opere o modifiche agli elaborati grafici ma anche laddove sia necessario modificare i prezzi di appalto (es: sovrapprezzo per una difficoltà esecutiva, per un magistero più complesso, ecc).

Lo stesso art.106, comma 1, lett.c), infatti, indica la possibilità – per esempio – di variare il contratto per disposizioni di enti terzi o nuove norme; il che accade quando si rende necessario o sia prescritto dall’Amministrazione una lavorazione più accurata oppure quando si rende necessaria o vengano prescritti accorgimenti tecnici più onerosi. Il tutto senza intervenire sugli elaborati grafici oppure modificando le opere previste.

Se durante uno scavo si riscontrano interferenze non prevedibili, la variante riguarderà unicamente sovrapprezzi sugli scavi oppure la modifica del prezzo dello scavo stesso. In questo caso il volume degli scavi rimane il medesimo e le sezioni idem (il progetto rimane intatto, nella sua stesura grafica).

Se, nel corso dei lavori, la demolizione della roccia si rivela più complessa di quella ipotizzata e non è possibile utilizzare il martello demolitore, la stazione appaltante può intervenire prevedendo un prezzo per l’utilizzo di agenti demolitori (esplosivo ecc). Anche in tale caso, il volume dello scavo rimane il medesimo.

In casi del genere, il RUP ed il DL predisporranno un atto di sottomissione ed un verbale di concordamento nuovi prezzi (con aumento di spesa) che costituiranno, con ogni logica, documenti di una variante meramente economica (il RUP dovrà comunque fare la sua relazione di ammissibilità).

2 – L’adeguamento dei prezzi rende la variante di natura sostanziale ai sensi dell’art. 106, comma 4? Trattasi di un modo surrettizio per aggirare la regola dell’invariabilità dei prezzi?

Come visto sopra, la variante è sostanziale se, in concreto, introduce elementi che – riportati nella gara iniziale – avrebbero determinato una platea di concorrenti diversi o una offerta diversa.

A mio sommesso avviso una variante che determini un adeguamento del prezzo non può ritenersi sostanziale e non costituisce, nemmeno, un modo per aggirare la clausola contrattuale che impedisce la revisione dei prezzi.

In breve,

a) All’atto dell’offerta (ipotizziamo un’offerta del mese di settembre 2021) l’aumento delle materie prime era un fenomeno conosciuto sulla base del mercato edilizio riferito al mese di settembre 2021. Tuttavia da inizio febbraio l’aumento è divenuto insostenibile per i fatti noti, i quali hanno condotto, anche, alla chiusura di impianti e alle difficoltà di approvvigionamento delle materie (oltre che agli aumenti del gasolio, del gas, dell’energia ecc). Nessuno poteva prevedere, al momento dell’offerta, la situazione attuale (né la stazione appaltante né l’impresa).

b) La compensazione, peraltro, non avrebbe la finalità di alterare l’equilibrio contrattuale di offerta a beneficio dell’impresa; anzi esattamente il contrario. La finalità è proprio quella di riequilibrare il rapporto riportandolo – economicamente – alle condizioni iniziali. D’altra parte mi chiedo: se la stazione appaltante dovesse oggi effettuare la verifica di anomalia dell’offerta, la stessa offerta non potrebbe che risultare incongrua e quindi non sostenibile. L’adeguamento del prezzo, quindi, è in concreto indirizzato a ristabilire (come dicono gli avvocati) il sinallagma contrattuale.

c) Nemmeno si può dire che la variante costituirebbe un mezzo per aggirare la clausola contrattuale che vieta la revisione prezzi.

La variante, infatti, lascerebbe intatta detta clausola, la quale continuerebbe a dispiegare i suoi effetti, i quali sono volti a fare assumere all’appaltatore il rischio della lievitazione dei prezzi ma nei limiti dell’alea norma contrattuale.

L’alea è normale quando le quantità delle oscillazioni di valore sono legate alla tipologia di rapporto ed al rischio che le parti assumono nell’esecuzione del contratto.

Le parti, nel momento in cui pongono in essere una operazione economica, affrontano un rischio (contrattuale) entro i limiti del quale non possono intervenire variazioni dei prezzi.

Ma se si verifica una grave alterazione dell’equilibrio tra il valore della prestazione (esecuzione dell’opera che da 50 oggi vale 100) e quello della controprestazione (che rimane 50), l’equilibrio che al momento della conclusione del contratto sussisteva, oggi non esiste più. Il tutto con il rischio di non riuscire nemmeno a pagare la manodopera.

In concreto: non esiste un’alea illimitata, con la conseguenza che la variante ha la finalità di ricondurre il rapporto all’originario equilibrio (divieto di revisione prezzi compreso)

d) Quale potrebbe essere il limite oltre il quale è legittimo intervenire con una variante di adeguamento dei prezzi?

Ovviamente la variante non può essere introdotta per ogni minima variazione del prezzo, altrimenti si concretizzerebbe (in questo caso) un aggiramento del divieto di revisione prezzi.

La variante, invece, verrà introdotta quando – come previsto dal codice civile (applicabile alla fase esecutiva dei contratti pubblici per l’espresso richiamo operato dall’art. 30, comma 8, del Dlgs 50/2016) – risulti superato quello che può definirsi il tipico rischio imprenditoriale ovvero il 10%[1] del valore del contratto (o, al limite, il diverso utile dichiarato e comprovato in sede di verifica di congruità).

Che è, del resto, la stessa misura dell’utile di impresa prefigurata dall’art. 32 del dpr 207/2010.

Nella sostanza, quando l’appaltatore redige un’offerta mette in conto di poter perdere il proprio utile[2], confidando in ogni caso di avere le provviste per pagare fornitori, dipendenti, operai ecc.

 3- L’adeguamento dei prezzi e le circostanze impreviste ed imprevedibili.

L’art. 106, comma 1, lett.c, come indicato sopra, impone che si siano concretizzate delle situazioni impreviste e imprevedibili[3].

Ora nessuno può mettere in dubbio che il fenomeno in argomento fosse prevedibile dalle parti e soprattutto dalla stazione appaltante

Occorre tuttavia fare attenzione alla data della offerta: è chiaro che se l’offerta è del 25 marzo 2022, l’appaltatore non potrà invocare l’imprevedibilità di un contesto ben noto a quella data (salvo eventuali ulteriori eventi ancora peggiori).

Non si deve dimenticare, inoltre, che l’art. 8, comma 1, del DM 49/2018 precisa che “Con riferimento ai casi indicati dall’articolo 106, comma 1, lettera c), del codice, il direttore dei lavori descrive la situazione di fatto ai fini dell’accertamento da parte del RUP della sua non imputabilità alla stazione appaltante, della sua non prevedibilità al momento della redazione del progetto o della consegna dei lavori e delle ragioni per cui si rende necessaria la variazione.”

La prevedibilità o meno dell’evento, secondo il citato art. 8 è da ricondurre addirittura al momento della redazione del progetto o meglio – pare chiaro – al momento della sua approvazione (atteso che la progettazione si sostanzia in tre fasi che possono anche durare anni e che il progetto esecutivo costituisce l’ingegnerizzazione delle altre fasi). Il riferimento alla consegna, concerne quelle situazioni previste dall’art. 5, comma 10, dello stesso DM (differenze dello stato dei luoghi al momento della consegna).

Ultima considerazione (del mio amico granata di Ance Alessandria Romano Mutti).

Se la stazione appaltante si trova costretta a risolvere il contratto, detta risoluzione imporrebbe comunque una nuova procedura (essendo impossibile che i concorrenti che seguono in graduatoria accetteranno di realizzare l’opera con prezzi insostenibili).

La nuova gara condurrà ad un ribasso inferiore al soggetto uscente o molto probabile una gara deserta (se non i prezzi non sono aggiornati); sicché la risoluzione non pare conveniente per alcuno. La stazione appaltante o adeguerà i prezzi al mercato attuale o si troverà senza alcun operatore in grado di realizzare l’opera.

Ne discende che l’adeguamento prezzi, mediante variante, all’appaltatore iniziale pare la soluzione più logica, celere e conveniente.

[1] La revisione del prezzo è dunque ammessa, a favore di entrambe le parti, quando l’aumento o la diminuzione del costo dei materiali e della mano d’opera superi quel limite dell’alea normale che qui la legge indica a priori nel decimo del prezzo complessivo convenuto; ed è ammessa solo per quella parte della differenza che eccede tale decimo. (Relazione alla Maestà del Re Imperatore del Ministro Guardasigilli (GRANDI), presentata nell’udienza del 16 Marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del «Codice Civile»).

[2]“…il valore dell’opera compiuta, entrata nel patrimonio del committente, è normalmente in funzione del valore dei materiali e della mano d’opera; di guisa che è giusto, in caso di notevoli variazioni di questi elementi che superino l’alea normale del contratto, variare pure il prezzo dell’opera, lasciandosi in ogni caso immutato il margine di guadagno che l’appaltatore si riprometteva al momento della conclusione del contratto” (Relazione alla Maestà del Re Imperatore del Ministro Guardasigilli (GRANDI), presentata nell’udienza del 16 Marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del «Codice Civile»)

[3]“A ben guardare, l’estremo dell’assoluta imprevedibilità dell’evento, su cui si fonda la clausola rebus sic stantibus, si può riconoscere più difficilmente in un contratto a lungo termine (…) per converso, quando per l’esecuzione di un contratto è stabilito un termine di breve durata, molto più facile è che non si preveda un avvenimento straordinario, nel tempo che intercede tra l’assunzione della obbligazione e l’adempimento…” (Relazione alla Maestà del Re Imperatore del Ministro Guardasigilli (GRANDI), presentata nell’udienza del 16 Marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del «Codice Civile»))

In conclusione, sullo sfondo rimangono due problemi: il primo concerne le risorse disponibili per approvare la variante; il secondo il ruolo del RUP (che anche in questi casi viene lasciato sostanzialmente solo a gestire situazioni decisamente complesse).

LA MODIFICA DELL’ART. 106 COMMA 2

Oltre alla variante di cui all’art. 106, comma 1, lett. c), non si deve dimenticare quanto previsto dal comma 2 sempre dell’art. 106: una ipotesi che non appare molto chiara. Tuttavia leggendo la Direttiva Europea e la norma di riferimento, la ratio della previsione risulta evidente.

Cerco di spiegarmi.

L’art. 106, comma 2 del Dlgs 50/2016 e smi, (a seguito della novità introdotta con il DLgs 56/2017) introduce un’ulteriore fattispecie di modifica contrattuale, riferita anche ai contratti di lavori pubblici.

La norma introduce limiti, al di sotto dei quali, la stazione appaltante può evitare l’avvio della procedura di risoluzione del contratto appalto ed indire una nuova gara.

La disposizione precisa che è possibile modificare il contratto (senza necessità di una nuova procedura) se il valore di tale modifica è, contemporaneamente, al di sotto di due soglie:

-la soglia europea come definita all’art. 35.

-il 15% del valore iniziale dei contratti di lavori (sia settori ordinari sia settori speciali)

La previsione normativa in esame va letta ed analizzata in combinato con i principi della Direttiva Europea 2014/24/UE (art. 72, considerando n. 107 e 109 ed in relazione alle statuizioni dell’art.106 del Codice e del DM 49/2018.

Dal complesso delle disposizioni citate, si ritiene, quindi, che il comma 2 dell’art. 106, introduca una flessibilità maggiore nel sistema delle varianti di natura, unicamente, motivazionale. Il tutto fermo restando la presenza di circostanze impreviste ed imprevedibili.

In concreto, quindi, si ritiene che entro i limiti previsti dal comma 2, la stazione appaltante possa comunque apportare varianti (sempre per fatti e circostanze impreviste ed imprevedibili) senza tuttavia essere obbligata a risolvere il contratto, ancorché le varianti siano sostanziali.

E’ la flessibilità richiamata nella Direttiva Europea nei citati “considerando”.

Sia l’art. 106, comma 2, sia l’art. 72 della Direttiva, stabiliscono, quindi, una deroga alla verifica sulla natura sostanziale o meno della variante: il comma 2 precisa “oltre a quanto previsto al comma 1” (tale comma alla lettera e parla di modifiche sostanziali), mentre l’art. 72 dispone “senza ulteriore bisogno di verificare se le condizioni di cui al paragrafo 4, lettere da a) a d) siano rispettate (paragrafo 4 che parla di modifiche sostanziali).

In concreto sino al 15% è possibile apportare una modifica contrattuale anche se sostanziale.

Anche tale istituto, quindi, può essere utilizzato per fare fronte alle compensazioni prezzi.

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